PROGETTO PREISTORIA

Capitoli da un manuale inedito di storia per le scuole superiori



3. Appendici

3.1. Un inserto sull’arbitrarietà delle differenze umane

Di seguito il testo di introduzione al cosiddetto “test della razza”, un efficace strumento didattico ideato da Guido Barbujani e Todd Disotell per illustrare l’arbitrarietà delle classificazioni razziali:

“Siamo tutti abbastanza convinti di saper individuare l’origine di una persona in base al suo aspetto. In effetti, per le strade di una grande città non sembra poi tanto difficile capire, almeno, chi sia asiatico, europeo o africano. Ma è davvero così? O le cose non saranno in realtà un po’ più complicate? Qui troverete il modo di verificarlo. Per fare il test della razza bisogna dividersi in due o più squadre, ma vanno bene anche squadre di uno. Di seguito troverete le foto numerate di 44 persone provenienti un po’ da tutto il mondo. Le due squadre, ciascuna indipendentemente dall’altra, dovranno riunire le foto in gruppi di individui biologicamente simili, precisando il criterio (per esempio: pelle scura, occhi a mandorla, naso sottile, capelli lisci). In fondo al capitolo troverete l’origine delle persone e qualche commento sui risultati che probabilmente avrete ottenuto” (testo modificato da G. Barbujani e T. Disotell, Università di Ferrara/guidobarbujani.it; il test è attualmente disponibile presso questo link).

Selezione esemplificativa di immagini dal “test della razza” di Guido Barbujani e Todd Disotell. FONTE: immagini modificate da guidobarbujani.it. Legenda: etnia e/o regione di provenienza – 1: Australia, Oceania; 2: Iran, Asia; 3: Turchia, Asia; 4: Galles, Regno Unito, Europa; 5. Isole Andamanesi, India, Asia; 6: Māori, Nuova Zelanda, Oceania; 7: Dani, Nuova Guinea, Oceania; 8: Hopi, USA, America settentrionale; 9: Inuit, Canada, America settentrionale; 10: Kabil, Algeria, Africa; 11: Kazakhistan, Asia; 12: Bosnia, Europa.

Latitudine e pigmentazione epidermica. Negli esseri umani la pigmentazione della pelle, ossia la presenza di melanina capace di conferire protezione dagli effetti nocivi dei raggi ultravioletti, cerca di bilanciare la sintesi della vitamina D (che necessita della luce solare) e la conservazione della vitamina B9, o folacina, presente nel sangue (e che invece è fotosensibile), seguendo un gradiente geografico Nord-Sud. FONTE: Jones, P. et al. (2018). “The Vitamin D–Folate Hypothesis as an Evolutionary Model for Skin Pigmentation: An Update and Integration of Current Ideas.” Nutrients. 10(5): 554. https://doi.org/10.3390/nu10050554.


3.2. Schede di lettura e approfondimento

  • «Il non rispetto delle differenze etniche ha da sempre scatenato e tuttora scatena atroci episodi di intolleranza e di criminalità. Nella Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo, promulgata nel dicembre del 1948 dalle Nazioni Unite, l’ideologia razzista è stata esplicitamente condannata all’unanimità. Nelle dichiarazioni sulla razza, pubblicate a più riprese dall’Unesco tra il 1950 e il 1965, l’ideologia razzista è stata oggetto di esame da parte di antropologi, genetisti e psicologi, che l’hanno di nuovo condannata […]. In un [articolo, il genetista] Alberto Piazza ha denunciato un paradosso: “Non esiste la razza ma esistono i razzisti”. Per capire il significato di questa affermazione è necessario spiegare che cosa si intende con il termine “razza”. Il Lessico Italiano Universale così lo definisce: “Insieme di individui (animali o piante) omogenei per i loro caratteri esterni e per le qualità ereditarie, così che l’aspetto somatico si trasmette invariato di generazione in generazione”. In base a questa definizione, è possibile stabilire quante razze esistono nella specie umana? Una prima classificazione proposta dall’antropologo [Johann Friedrich] Blumenbach nel 1775, basata sul colore dei tessuti epidermici, divideva la specie umana in cinque razze […]. Ma da allora il numero delle razze, in base ai criteri seguiti da altri antropologi, è aumentato progressivamente sino a raggiungere […] il numero di 200! Nel Codice Internazionale di Nomenclatura Zoologica, edizione del 1985, si abolisce l’uso del termine razza “perché ritenuto inutilizzabile a causa dell’arbitrarietà dei criteri su cui esso era fondato e dalla impossibilità di trovare norme obiettive e generalizzabili che portino a una standardizzazione della sistematica”. Contro l’ideologia razzista della cosiddetta purificazione della razza, si è giunti ad una valida riprova [genetica e popolazionale]: non si può purificare la razza senza diminuire la vitalità, sino all’estinzione stessa, della specie. […] Dando [invece] per scontato che le razze esistono e sono facilmente identificabili, l’ideologia razzista stabiliva che esistessero razze superiori e razze inferiori; e che le prime avessero il diritto di sopprimere le seconde, ai fini di purificare la specie umana. Nel 1853, un aristocratico francese, Joseph Arthur de Gobineau, nel suo libro Saggio sull’ineguaglianza delle razze umane affermò che la razza superiore fosse rappresentata dai tedeschi, in quanto discendenti di un popolo mitico, gli ariani. Luca Cavalli-Sforza, a commento di quanto dichiarato da Gobineau, scrive: “La confusione tra cultura o civiltà da una parte e patrimonio genetico dall’altra, tra nazione e popolazione, sono alla base di questa pretesa superiorità biologica che nessuno è in grado di dimostrare. La lettura degli argomenti di Gobineau è avvilente, poiché in assenza di qualunque dato egli pretendeva di mostrare che la decadenza di tutte le civiltà è dovuta alla commistione fra le razze, e che tutti i progressi compiuti dall’umanità sono stati il risultato dell’opera di alcuni ariani […]”. L’ideologia razzista era ed è basata sulla tesi che: – il programma genetico nella specie umana […] ha un incontrastato potere nel determinare le caratteristiche somatiche e comportamentali degli individui; – i discendenti della cosiddetta razza ariana, in quanto possessori dei “geni buoni”, hanno il diritto di sopprimere i non-ariani portatori dei “geni cattivi” ai fini di migliorare la specie umana. L’ideologia o, come sarebbe meglio definirla, l’aberrazione razzista, non è purtroppo definitivamente scomparsa dalla scena sociale, come dimostra la rinascita di questa teoria ad opera di piccoli gruppi di nostalgici dei regimi dittatoriali, disseminati in tutto il continente europeo. “Il ventre che partorì questo mostro” scrisse Primo Levi “è tuttora fecondo”».

    Rita Levi Montalcini, Abbi il coraggio di conoscere, Milano: Rizzoli 2011, capitolo 17.

  • «A mano a mano che si scende lungo la scala tassonomica, i confini genetici tra i gruppi divengono sempre meno chiari. In termini evolutivi la spiegazione è semplice: c’è una grande variabilità genetica in tutte le popolazioni umane, anche in quelle piccole, e queste variazioni individuali si sono accumulate in tempi molto lunghi. […] La differenziazione geografica dell’uomo moderno è recente, avendo richiesto circa un terzo dell’esistenza della specie umana, e quindi non c’è stato abbastanza tempo per accumulare una divergenza sostanziale. Le differenze tra i gruppi maggiori sono perciò modeste se paragonate a quelle entro gli stessi gruppi e perfino all’interno di popolazioni singole; inoltre sia la nostra specie sia la sua antenata più vicina, Homo erectus, testimoniano un’attività migratoria notevole in tutte le direzioni, e in alcuni casi probabilmente si verificarono mescolanze tra gruppi che si erano separati molto tempo prima. A causa della grande mobilità umana, a livello sia degli individui sia delle popolazioni, probabilmente non ci furono mai confini genetici netti o, se ce ne furono, vennero sfumati da movimenti successivi. […] Il concetto di razza nella specie umana non ha ottenuto alcun consenso dal punto di vista scientifico, e non è probabilmente destinato ad averne perché la variazione esistente nella specie umana è graduale. […] Non ha basi scientifiche una supposta “superiorità” genetica di una popolazione rispetto a un’altra. […] La superiorità è un concetto politico e socioeconomico, legato agli eventi della recente storia politica, militare ed economica e alle tradizioni culturali di determinate nazioni o gruppi sociali. La storia insegna che questa superiorità è del tutto transitoria, mentre il genotipo cambia molto lentamente. Tuttavia il pregiudizio razziale ha una tradizione con radici lontane nel tempo e non è facile da sradicare».

    Luigi Luca Cavalli-Sforza, Paolo Menozzi e Alberto Piazza, Storia e geografia dei geni umani. Milano: Adelphi, 1997, pp. 33-35

«Anche Darwin usa il termine “razza”. Ciò nonostante è stato Darwin a destituire di ogni fondamento il razzismo, in cinque modi almeno. In primo luogo preferì parlare di “ceppi” umani, riferendovisi, con evidente scetticismo, come alle “cosiddette” razze umane. In secondo luogo, dopo aver esaminato le differenze che contraddistinguono le so called races of man, ne concluse che esse sono “irrilevanti” e “indifferenti”: irrilevanti nella lotta per l’esistenza e dunque indifferenti alla selezione naturale. […] Occorre poi sottolineare che il darwinismo non solo non incentiva ma impedisce di porre le questioni evoluzionistiche in termini di arretratezza/progresso […]. L’evoluzione però è adattamento […], e se tutte le specie sono egualmente adattate alle loro condizioni di esistenza, nessuna però lo è perfettamente. Per cui (ed è il quarto modo in cui Darwin destituisce di ogni fondamento il razzismo) nessuna specie può essere assunta come “migliore” di un’altra. […] E infine c’è […] la considerazione del fatto che nessuna popolazione è omogenea e risulta essere “pura”».

Giulio Barsanti, “L’uomo e gli uomini: lettura storica”, in Darwin e l’evoluzione dell’uomo, a cura di Giacomo Giacobini, Torino: Bollati Boringhieri 2010, pp. 19-27. Cit. da pp.  25-26.

«Sì, l’intuizione darwiniana può essere capovolta e usata in modo grottescamente sbagliato: i grandi magnati possono spiegare la loro vorace disumanità richiamandosi al darwinismo sociale; i nazisti e altri razzisti possono invocare la “sopravvivenza dei più adatti” per giustificare il genocidio; ma Darwin non ha prodotto né John D. Rockefeller né Adolf Hitler. L’avidità, la rivoluzione industriale, il sistema della libera impresa e la corruzione dei governi da parte dei ricchi sono sufficienti per spiegare il capitalismo ottocentesco. L’etnocentrismo, la xenofobia, le gerarchie sociali, la lunga storia dell’antisemitismo tedesco, il Trattato di Versailles, il tipo di educazione dei bambini in Germania, l’inflazione e la Grande Depressione pare siano ragioni adeguate per spiegare l’ascesa al potere di Hitler. Questi eventi e altri simili si sarebbero verificati con ogni probabilità con o senza il darwinismo. E il darwinismo moderno chiarisce sufficientemente che possono avere un elevato valore di sopravvivenza anche molti tratti assai meno spietati, alcuni dei quali non sempre ammirati dai magnati della finanza e dai Führer, come l’altruismo, l’intelligenza generale, la compassione».

Carl Sagan, Il mondo infestato dai demoni. La scienza e il nuovo oscurantismo. Traduzione di Libero Sosio, modificata da Leonardo Ambasciano. Milano: Baldini & Castoldi 1997, pp. 316-317.


Verifica:

  1. Dopo oltre un secolo di selezione professionale a fini commerciali, le razze canine dotate di rigorosi pedigree hanno accumulato gravi malattie e problemi fisici di natura ereditaria, cambiando inoltre nell’aspetto nel corso del tempo. Rileggi nel primo brano la definizione di razza secondo il Lessico Universale Italiano – risalente agli anni Trenta del secolo scorso – e individua i fraintendimenti scientifici sui quali è costruito.

  2. Riassumi i modi in cui Darwin contribuì a porre in crisi il concetto di razzismo.

  3. Spiega perché il programma di ricerca darwiniano non può essere usato per giustificare razzismo e ideologie estremiste.