PROGETTO PREISTORIA
Capitoli da un manuale inedito di storia per le scuole superiori
2.3. Novità e continuità tra Pleistocene e Olocene
“Homo narrator”: dalla toelettatura al pettegolezzo
Primi esempi di espressione artistico-simbolica. A SINISTRA, conchiglia incisa con un motivo a zig-zag e proveniente dal sito di Trinil, in Indonesia, risalente probabilmente a circa 500.000 anni fa e attribuita a H. erectus; a DESTRA, un complesso schema geometrico inciso da H. sapiens su un pezzo di ocra proveniente dalla caverna di Blombos in Sudafrica, e risalente a circa 73.000 anni fa. FONTI: Trinil, © Wim Lustenhouwer/ Vrije Universiteit Amsterdam, da Science; Blombos, © Francesco D’Errico/Christopher Henshilwood/Nature, da Phys.org.
Fino a poco tempo fa si limitava al Paleolitico superiore – una periodizzazione di natura tecnologica, compresa all’incirca tra 50.000 e 10.000 anni fa – l’evoluzione della vasta gamma di comportamenti tipicamente moderni cui soggiace un pensiero simbolico avanzato. Tra questi, particolarmente importanti erano ritenuti il tasso di innovazione tecnologica, la presenza di prodotti artistici e l’esistenza di scambi di beni tra gruppi separati da lunghe distanze. Questa ipotesi era però viziata dalla limitazione dei dati disponibili e dalla concentrazione di questi pressoché alla sola Europa. Oggi sappiamo che l’espressione artistico-simbolica è già attestata con certezza in Africa 73.000 anni fa, che esistono indicazioni di pensiero simbolico avanzato già 280.000 anni fa con la produzione di pigmenti a scopi decorativi e che forse già H. erectus era capace di astrazione simbolica, come testimoniato da precisi schemi geometrici incisi circa 500.000 anni fa a Giava.
Capacità cognitive dei pànini. A DESTRA: test cognitivi per misurare le capacità mnemoniche degli scimpanzé; A SINISTRA: la primatologa Sue Savage-Rumbaugh con i bonobo Kanzi e Panbanisha. Kanzi è capace di comunicare con gli esseri umani combinando gesti a oltre 350 simboli (detti lessigrammi) disponibili su tavole. FONTI: scimpanzé – The Independent, fotogramma da filmato BBC; bonobo e lessigrammi – William H. Calvin, PhD da Wikipedia [CC 4.0].
Questa retrodatazione ci impone di ripensare ancora una volta alle peculiarità della nostra specie. Ci siamo autodefiniti sapiens, ma quanto siamo davvero sapienti? Nel corso dell’evoluzione, abbiamo guadagnato alcune capacità cognitive (sviluppo del pensiero simbolico, linguaggio) e ne abbiamo perse altre (in media, le antropomorfe sembrano essere più efficienti in termini di cognizione spaziale e di abilità mnemoniche). Eppure, le strutture della nostra cognizione, ossia il modo in cui processiamo le informazioni provenienti dal mondo esterno, mantengono traccia, come un marchio indelebile, delle proprie lontane origini.
Tre ordini di intenzionalità: un esempio di teoria della mente in ambito sociale. L’estraneo al centro possiede una falsa credenza sull’intenzionalità altrui (in questo caso della moglie a sinistra). La capacità computazionale del cervello umano ha come limite cinque o sei livelli di intenzionalità: «Pietro crede [1] che Giovanna pensi [2] che Sara voglia [3] che Pietro supponga [4] che Giovanna intenda [5] che Sara creda [6] che la palla è sotto il cuscino». FONTE: disegno di Arran Dunbar da R.Dunbar, La scimmia pensante. Storia dell’evoluzione umana. Bologna: il Mulino 2009, p. 57. Citazione da ibi, p. 56.
Tutti i primati hanno una vita sociale particolarmente complessa, fatta di reti di alleanze, amicizie, conoscenze, manipolazioni machiavelliche e conflitti. Come tutti i primati, anche noi siamo equipaggiati di meccanismi neurofisiologici selezionati per affrontare queste sfide.
Benché le risultanti capacità cognitive varino sensibilmente da individuo a individuo, particolarmente rilevanti tra queste sono la teoria della mente, ossia l’abilità che ci permette di interagire con altre persone mettendoci pressoché automaticamente nei loro panni e che ci rende capaci di assegnare loro stati mentali quali intenzioni, emozioni e desideri, e i filtri e i pregiudizi attraverso i quali processiamo le informazioni che riceviamo (ad esempio, quelli legati al prestigio e all’autorità della fonte o al conformismo di gruppo).
Su questo sfondo di capacità cognitive, in parte condivise con le antropomorfe, emergono tre peculiarità proprie di H. sapiens:
Gli esseri umani adulti mostrano tratti simili a quelli esibiti dai pànini da piccoli – si tratta degli effetti della neotenia. Nell’immagine, un piccolo (SINISTRA) e un adulto (DESTRA) di scimpanzé. FONTE: Adolf Naef, 1926, da Memorial University; ripubblicato in S. J. Gould, Ontogenesi e filogenesi. A cura di Maria Turchetto. Milano: Mimesis, 2013, p. 318.
una pronunciata neotenia – ossia il mantenimento di tratti e caratteri tipicamente infantili durante l’età adulta – che si traduce in un prolungato periodo di apprendimento segnato da plasticità cognitiva e da elevati livelli di curiosità;
l’accumulo esponenziale di conoscenze attraverso imitazione e innovazione (evoluzione culturale);
la condivisione linguistica di scenari ipotetici frutto dell’immaginazione.
Attività di toelettatura tra due macachi. FONTE: Noneotuho (talk) da Wikipedia [CC 3.0].
Quest’ultimo è un punto particolarmente importante. Nel corso della sua storia, il genere Homo ha sostituito una buona parte delle tradizionali attività di toelettatura (grooming) delle scimmie e delle antropomorfe limitata a due individui per volta, con la condivisione comunitaria di racconti, di arte, di musica e di storie.
Sia la toelettatura sia le attività elencate condividono la medesima produzione di particolari sostanze chimiche, ossia le endorfine*, e le stesse finalità, in primo luogo il rafforzamento dei legami sociali all’interno del gruppo. La differenza è che la narrazione di storie, assieme ai rituali collettivi, raggiunge in tempo reale tutti i membri della comunità mentre il grooming è sempre limitato a due individui alla volta.
Le ENDORFINE fanno parte di una classe di sostanze chimiche, dette neurotrasmettitori, prodotte principalmente dal cervello e dotate di proprietà antidolorifiche ed euforizzanti. Le endorfine sono inoltre implicate nella costruzione e nel mantenimento delle relazioni interindividuali.
Questa è la peculiarità degli esseri umani, al punto che, come ha suggerito il paleontologo e storico della scienza statunitense Stephen J. Gould (1941-2002), forse un nome migliore per definire il nostro genere avrebbe potuto essere Homo narrator – gli omìnini cantastorie. Questo non vuol dire che i contenuti narrativi siano cambiati in modo radicale. Gli eventi sociali tipici della vita dei primati continuano a costituire il fulcro delle nostre narrazioni, fatte come sempre di reti di alleanze, amicizie, conoscenze, manipolazioni machiavelliche e conflitti.
Gli omìnini cantastorie. A SINISTRA: un gruppo di cacciatori-raccoglitori !Kung San raccolto attorno a un narratore nel 1947; A DESTRA: un cantastorie nella Sicilia di inizio Novecento. Dai racconti orali alla lettura di un libro, dal teatro al cinema, dai pettegolezzi ai rapporti diplomatici sulle relazioni internazionali tra stati, la narrazione di storie è una costante di tutte le popolazioni umane. In particolare, come ha scritto lo studioso di letteratura Jonathan Gottschall, «la finzione, espressa con qualsiasi mezzo narrativo, è un’antica e potente tecnologia di realtà virtuale che simula i grandi dilemmi della vita umana. […] Nel corso dell’evoluzione gli esseri umani hanno sviluppato un desiderio fortissimo per le storie. Questo desiderio, nell’insieme, è stato un bene per noi. Le storie ci donano piacere e ci istruiscono. Simulano dei mondi che ci consentono di vivere meglio in questo che abbiamo. Ci aiutano a riunirci in comunità e a definirci come culture. Senza dubbio hanno rappresentato un grande vantaggio per la nostra specie». FONTI: !Kung San: J. Gottschall, L’istinto di narrare. Come le storie ci hanno reso umani. Trad. di Giuliana Olivero. Torino: Bollati Boringhieri 2014, p. 37 © Corbis. Cantastorie: opera di Eugenio Interguglielmi da Natale e capo d’anno dell’Illustrazione Italiana. La Sicilia: la Conca d’oro. Milano: F.lli Treves, 1908-1909. File digitale da E. Oliva, Reportage Sicilia.
Arte, magia, religione, società
L’ANIMISMO è l’attribuzione di peculiarità tipiche degli esseri viventi ad oggetti inanimati. Credenze e mitologie di tipo animistico implicano l’esistenza di esseri spirituali che animerebbero l’intera natura, sia organica sia inorganica. La comunità può affidarsi a uno o più specialisti locali, noti in talune società asiatiche come SCIAMANI, per comunicare in modi ritenuti efficaci con tali entità sovrannaturali.
Anche se una qualche forma di animismo* proto-sciamanico* è stata proposta come modello originario della religiosità umana, oggi non siamo in grado di identificarne i contenuti. Ciò nonostante, la presenza di caratteri magico-religiosi è stata più volte ipotizzata per spiegare le testimonianze di arte parietale paleolitica, inclusa la più antica, una battuta di caccia dipinta 44.000 anni fa su una parete rocciosa nel Borneo indonesiano e raffigurante alcuni esseri umani che sembrano avere fattezze animali.
Due esempi di teriantropi. A SINISTRA il cosiddetto “uomo-leone” ricavato da una zanna di mammut, proveniente dalla grotta di Hohlenstein-Stadel, in Germania, e risalente a circa 40.000-35.000 anni fa, così come appare dopo la restaurazione del 2013; a DESTRA, la più antica raffigurazione artistica parietale, datata 44.000 anni fa e scoperta sull’isola indonesiana di Sulawesi. La scena rappresenta probabilmente una battuta di caccia al bufalo da parte di un gruppo di teriantropi (le figurine sulla sinistra). FONTI: “uomo-leone”, Dagmar Hollmann [CC 4.0], da Wikipedia; Sulawesi, © Ratno Sardi, da Scientific American.
Questo tipo di raffigurazione, detta teriantropica (ossia, relativa a “uomini bestie”), trasferisce gli attributi tipici di un essere vivente a un altro che ne è sprovvisto. L’associazione irreale di caratteri da due ambiti differenti (in questo caso, animali ed esseri umani) è tipica dei ragionamenti simbolici a carattere magico-religioso.
In generale, queste speculazioni uniscono con successo i comportamenti tipici delle antropomorfe (come ad esempio le espressioni ritualizzate di subordinazione di fronte agli individui dominanti, le richieste di perdono e riconciliazione e la personificazione di forze non intenzionali, ossia prive di coscienza o volontà) con le preferenze cognitive tipiche degli esseri umani (tra cui l’attribuzione di finalità antropomorfiche a oggetti inanimati come se fossero umani, la preferenza per racconti contenenti caratteristiche controintuitive che sembrano violare le leggi della realtà fisica o del mondo naturale, e il dualismo che assegna un’esistenza indipendente dello spirito dalla materia, o della mente dal cervello, fornendo le basi per la concezione dell’animismo).
Esempi di pareidolia. Il cervello umano esamina costantemente e automaticamente l’ambiente circostante alla ricerca di schemi familiari, assegnando spesso intenzionalità antropomorfica al mondo esterno. La personificazione di entità o forze non intenzionali in natura, tipica di favole, leggende, miti e religioni, è un prodotto secondario dell’importanza della vita sociale dei primati e della selezione che i predatori hanno esercitato sui nostri antenati: la capacità di riconoscere immediatamente la presenza di eventuali esseri animati è evolutivamente conveniente per interagire, nel caso si tratti di un membro della stessa comunità, o per scappare, qualora si tratti invece di un pericoloso competitore o di un predatore. Non di rado, però, queste identificazioni si rivelano erronee. A SINISTRA, un gioco di ombre tra i crateri della superficie di Marte produce l’impressione di un volto umano, citata nel passato recente da non scienziati come “prova” dell’abitazione di Marte da parte di esseri alieni. A DESTRA: bastano alcune semplici linee per suggerire automaticamente un volto umano. FONTI: Marte – NASA da Wikipedia; volto – emojione project [CC 4.0] da Wikipedia.
Un comportamento PROSOCIALE implica cooperazione, collaborazione e reciprocità tra individui in modo tale da beneficiare direttamente o indirettamente tutta la comunità.
La fortuna e la diffusione autonoma e indipendente dei racconti mitico-religiosi in tutte le popolazioni di H. sapiens non sono però dovute esclusivamente a queste particolarità. Questa tipologia di racconti fornisce infatti una cornice narrativa capace di raccogliere e di giustificare le inclinazioni cognitive naturali degli esseri umani, inserendole all’interno di una spiegazione convincente del funzionamento del mondo. Tali racconti, inoltre, si conformano ai codici morali e ai comportamenti sociali già diffusi fra le antropomorfe: equità, fiducia, prosocialità* e punizioni per chi infrange le norme.
Rituali collettivi, uso di sostanze psicotrope e presenza di specialisti ritenuti capaci di gestire i rapporti della comunità con il mondo degli spiriti sono tratti comportamentali e sociali condivisi da tutte le popolazioni di Homo sapiens. IN ALTO A SINISTRA, ricostruzione di un teriantropo cacciatore, talvolta interpretato come uno sciamano impegnato in una danza propiziatoria, proveniente dalla grotta francese de Les Trois Frères, risalente a circa 17.000 anni fa; IN ALTO A DESTRA, la più antica raffigurazione europea di uno sciamano siberiano con tamburo, risalente al XVII secolo; IN BASSO A SINISTRA, una scena di danze propiziatorie con un teriantropo presso i San, Sudafrica; IN BASSO A DESTRA, una sacca di proprietà di uno sciamano boliviano risale a circa 1.000 anni fa e contenente diversi strumenti e sostanze psicotrope e allucinogene di origine vegetale a uso rituale. FONTI: teriantropo, Les Trois Frères, schizzo di Henri Breuil, 1930, Wellcome Images da Wikipedia [CC 4.0]; sciamano 17° secolo, di Nicolaes Witzen, [CC 4.0], da Wikipedia; San, disegno di Harald Pager da Lewis-Williams, D. (2001). “Southern African shamanistic Rock Art in Its Social and Cognitive Contexts”, pp. 17-29. illustrazione a p. 22. In The Archaeology of Shamanism, a cura di N. S. Price, London and New York: Routledge; sacca dello sciamano boliviano da Miller, M. J., et al. (2019), “Chemical Evidence for the Use of Multiple Psychotropic Plants in a 1,000-year-old Ritual Bundle from South America.” Proceedings of the National Academy of Sciences 116 (23): 11207-11212. https://doi.org/10.1073/pnas.1902174116.
Anche in questo caso, il passato da omìnini vincola la gamma di comportamenti sociali di H. sapiens. Gli esseri umani si distinguono come i bonobo per un basso livello di aggressività reattiva, dimostrando livelli inconsueti di tolleranza nei confronti degli estranei. Paradossalmente, però, gli esseri umani condividono con gli scimpanzé un’elevata aggressività proattiva che si traduce nella competizione violenta all’interno dei gruppi e all’esterno tra diverse comunità. Il linguaggio simbolico attraverso i racconti, siano essi pettegolezzi o miti, non fa altro che amplificare queste predisposizioni. Le conseguenze sono significative. Da un lato, come abbiamo visto, abbiamo una lunghissima storia di ibridazioni tra geni e culture. Dall’altra troviamo invece una storia altrettanto lunga di episodi di violenze, guerre e massacri. Alcuni paleoantropologi sostengono che H. sapiens abbia sterminato gli omìnini umani coevi, tra cui H. neanderthalensis. Di certo, le capacità cognitive di H. sapiens hanno avuto un effetto senza precedenti sugli ecosistemi globali.
Box storiografico: Perché la religione?
«Siamo antropomorfe intelligenti e fortemente emotive, facilmente suggestionabili, molto superstiziose, estremamente sensibili alle norme sociali e alle realtà virtuali, dotate di un sistema nervoso particolarmente ricettivo nei confronti dell’influenza dei conspecifici e dei loro mondi simbolici. Tutte queste caratteristiche rappresentano i prerequisiti necessari per un comportamento religioso».
Armin W. Geertz, “Whence Religion? How the Brain Constructs the World and What This Might Tell Us About the Origins of Religion, Cognition and Culture”, in Origins of Religion, Cognition and Culture, a cura di A. W. Geertz, Londra e New York: Routledge 2014, pp. 17-70, cit. da p. 19. Traduzione di Leonardo Ambasciano.
Verifica:
Quali sono i prerequisiti evolutivi necessari che stanno alla base del comportamento religioso?
Alla luce di quanto letto finora, e da un punto di vista evolutivo, perché possiamo dire di essere fortemente sensibili all’influenza dei nostri simili?
L’estinzione delle megafaune e le prime pratiche agricole
La diffusione dell’essere umano, un superpredatore nomade capace di pianificare complesse strategie di gruppo, ha avuto un impatto sconvolgente sull’intero pianeta.
A SINISTRA: Megafauna pleistocenica della penisola iberica; A DESTRA: ricostruzione di un accampamento stagionale ucraino, presso Mežyrič, costruito interamente con ossa di mammut e risalente a circa 17.500 anni fa. Le fondamenta sono costituite da 25 crani di mammut pesanti 7,5 tonnellate, mentre le mura esterne contano ben 95 mandibole. FONTI: fotografia di Paul Bahn da João Zilhão, “The Upper Palaeolithic of Europe”, in The Cambridge World Prehistory. Volume 3: West and Central Asia and Europe, a cura di C. Renfrew e P. Bahn, p. 1765. Cambridge: Cambridge University Press, 2014 (da Università di Lisbona); illustrazione di Mauricio Antón [CC 2.5] da C. Sedwick (2008). “What Killed the Woolly Mammoth?” PLoS Biology 6(4): e99. https://doi.org/10.1371/journal.pbio.0060099.
La MEGAFAUNA è l’insieme degli animali di grandi dimensioni, in genere dai 40 chilogrammi di peso fino a svariate tonnellate.
Caccia intensiva e sfruttamento delle risorse locali da parte degli esseri umani, unite a una serie di oscillazioni climatiche legate a periodi glaciali e avvenute nel corso del tardo Pleistocene, portano all’estinzione una percentuale enorme di animali, che raggiunge il 70-80% delle megafaune* presenti nei continenti dove Homo è giunto più tardi (le Americhe e il Sahul).
Da questo momento in avanti con AEV e EV si indicano, rispettivamente, date fissate “avanti (o prima dell’) era volgare” e durante l’“era volgare”, queste ultime corrispondenti al tradizionale calendario gregoriano.
In Eurasia, le ultime popolazioni di mammut sopravvivono confinate in un paio di isole tra Alaska e Siberia e si estinguono appena 3.700 anni AEV*. Questo processo antropogenico di estinzione altamente selettiva continua per tutto il corso della storia umana, arrivando a oggi.
Estinzioni oloceniche. A SINISTRA: lo scheletro di un Dinornis, notro come moa, accanto al naturalista inglese che ne descrisse i resti nel 1843, Richard Owen. Il moa, un uccello non volatore alto fino a 3,6 metri, si è estinto circa duecento anni dopo l’arrivo degli esseri umani in Nuova Zelanda, a partire dal 1280 EV. A DESTRA: il tilacino, un carnivoro marsupiale australiano. L’ultimo tilacino, noto impropriamente come tigre o come lupo della Tasmania, è morto in cattività nel 1936. FONTI: moa – R. Owen, Memoirs on the Extinct Wingless Birds of New Zealand. Vol. 2. Londra: John van Voorst, 1879, tavola XCVII, da Wikipedia; tilacino – Report of the Smithsonian Institution (1904), da Wikipedia.
L’estinzione delle megafaune priva molte popolazioni delle fonti primarie di approvvigionamento e coincide con l’implementazione su scala più larga di modelli di sussistenza già noti. L’agricoltura, in particolare, sviluppa tecnologie alimentari già praticate da decine di migliaia di anni (ad esempio, coltivazione e raccolta di piante selvatiche o incendi controllati per stanare la selvaggina e per fertilizzare il terreno, selezionando piante e tuberi), sfrutta processi selettivi spesso inconsapevoli e non pianificati, ed emerge indipendentemente in una dozzina di centri geografici diffusi in tutto il mondo e in diversi periodi tra 12.000 e 4.200 anni fa.
Per COMMENSALISMO si intende un tipo di interazione biologica nella quale un organismo sfrutta le risorse alimentari di un altro organismo (ad esempio avanzi di cibo) senza però che quest’ultimo ne sia danneggiato.
Lo stesso avviene con l’allevamento di alcune specie animali, con l’eccezione cronologica del cane, la cui auto-domesticazione tramite commensalismo* con le bande di cacciatori-raccoglitori ha luogo tra 40.000 e 20.000 anni AEV. L’estinzione delle megafaune incide negativamente sulla disponibilità di specie animali potenzialmente addomesticabili allo scopo di ricavarne prodotti primari (carne, pelli, ossa) e secondari (lana, latte, uova, forza lavoro, cavalcature), limitando i possibili candidati rimasti all’Eurasia, all’Africa settentrionale e all’America centrale.
Nel corso dell’Olocene – l’epoca che va da 11.650 anni AEV fino all’inizio dell’era convenzionale corrente – le macroregioni interessate da varie forme di pastorizia e agricoltura vedono l’instaurarsi di un rapporto coevolutivo tra H. sapiens e alcune specie domestiche, con piante e animali che dipendono dagli esseri umani per sussistenza e riproduzione e popolazioni di esseri umani che vedono l’evoluzione di enzimi particolari per digerire e assimilare efficacemente i nuovi prodotti alimentari (ptialina per i carboidrati di origine vegetale, lattasi in età adulta per i prodotti caseari).
Ripensare la Rivoluzione Neolitica
Una serie di rivoluzioni agricole indipendenti ha sostituito l’idea di un’unica Rivoluzione Neolitica avvenuta nella cosiddetta Mezzaluna Fertile (A). LEGENDA: (A) Asia occidentale o Medio Oriente; (B) Asia meridionale; (C) Asia orientale; (D) Nuova Guinea; (E) Africa e penisola arabica; (F) America settentrionale; (G) Mesoamerica o America centrale; (H) America meridionale. TRADUZIONE: verde: transizione tra Pleistocene e Olocene (12,000–8,200 anni fa); viola: Olocene medio (8.200–4.200 anni fa); marrone: esistenza di un centro agricolo dedotta sulla base di dati biogeografici; frecce: diffusione locale. FONTE: Larson, G. et al. (2014). “Present and Future of Domestication Studies.” Proceedings of the National Academy of Sciences 111 (17): 6139-6146. https://doi.org/10.1073/pnas.1323964111.
Un tempo si identificava nell’invenzione dell’agricoltura e nei primi passi verso sedentarizzazione e urbanizzazione l’avvio della cosiddetta Rivoluzione Neolitica nel Levante e nella Mezzaluna Fertile: un momento spartiacque che avrebbe segnato la fine della preistoria all’incirca 10.000 anni AEV. Da allora, l’aumento di conoscenze ha messo in discussione questo modello univoco e lineare.
Abbiamo visto come l’agricoltura non possa considerarsi né un’invenzione di questo periodo né un’esclusiva di una certa regione geografica. Ancora, non tutti i gruppi umani abbandonano caccia, raccolta e orticoltura per passare all’agricoltura e, quando lo fanno, non tutti adottano le medesime modalità.
Con GERARCHIA si intende la diseguale distribuzione sociale della capacità di esprimere potere decisionale in modo più o meno coercitivo secondo un ordine fissato sulla base di autorità, carisma e/o responsabilità. La gerarchia può essere piramidale, se il potere si concentra al vertice e se i subordinati ne sono in larga parte sprovvisti, oppure inversa, se l’accumulo di potere espresso dai capi al vertice è controllato o impedito dai subordinati.
I processi di sedentarizzazione, inoltre, sembrano essere stati molto più flessibili di quanto non si pensasse in precedenza. In alcune macroregioni interessate da marcate differenze stagionali, le popolazioni umane sperimentano modelli di aggregazione ciclica in parte dipendenti dalla disponibilità di cibi stagionali; tali aggregazioni sono abbastanza elastiche e non comportano necessariamente una struttura di subordinazione gerarchica* fra i loro membri. Con aggregazione e dispersione ciclica si intende infatti un processo stagionale o annuale per cui diverse comunità umane paleolitiche a economia acquisitiva (ossia basata su caccia e raccolta) si riunivano per collaborare in luoghi e in momenti specifici (per esempio, migrazione di animali o raccolte stagionali di cibo abbondante), per poi disperdersi successivamente.
In effetti, le prime strutture in pietra in Eurasia e nel Medio Oriente (da Göbekli Tepe, in Turchia, risalente a oltre 9.100 anni AEV, al sito megalitico di Stonehenge in Inghilterra, datato a oltre 3.000 anni AEV) e le elaborate sepolture di alcuni individui (come nella Caverna delle Arene Candide a Finale Ligure, risalente a 23.000 anni AEV) testimoniano l’esistenza di complessi architettonici a uso stagionale e di una differenziazione dei ruoli sociali, politici o religiosi in assenza di urbanizzazione.
Tra Paleolitico e Neolitico in Eurasia. IN ALTO A SINISTRA: una delle strutture di Göbekli Tepe, nell’attuale Turchia, risalente al 9.100 AEV e costruita da popolazioni semi-nomadi; IN BASSO A SINISTRA, il complesso architettonico di Stonehenge, in Inghilterra, costruito tra 3.000 e 2.000 anni AEV; A SINISTRA, un giovane sepolto oltre 23.000 anni fa presso la caverna delle Arene Candide a Finale Ligure, con un ricco corredo di ornamenti e utensili ricavati da ossa e denti di cervo, di mammut e da conchiglie. FONTI: Göbekli Tepe, opera di Zhengan [CC 4.0] da Wikipedia; Stonehenge, opera di garethwiscombe [CC 2.0], da Wikipedia; Arene Candide: © Musei di Genova.
I villaggi che si sviluppano da precedenti accampamenti all’incirca tra 10.000 e 5000 anni AEV – in Medio Oriente, nelle valli del Nilo e dell’Indo, lungo il corso dello Chang Jiang (noto come Fiume Azzurro) e dello Huang He (o Fiume Giallo) in Cina, in Papua Nuova Guinea, nell’Africa occidentale, lungo il Mississippi in America settentrionale, in Mesoamerica, nelle Ande e in Amazzonia – sono caratterizzati dalla sovrapposizione di due modelli socio-economici: il primo è quello delle società acquisitive semi-nomadi (dette anche gruppi di “cacciatori-raccoglitori”), che ricercano cibo e risorse muovendosi sul territorio e senza praticare forme stanziali di agricoltura e allevamento; l’altro modello è quello della sedentarizzazione flessibile, basata su uno sfruttamento localizzato delle risorse agricole e ambientali.
Urbanizzazione nell’America settentrionale. L’insediamento urbano precolombiano di Cahokia costruito lungo il corso del Mississippi, in Illinois (Stati Uniti), a partire dal 600 EV e abbandonato dopo il 1350 EV. Nel suo periodo di massima espansione, Cahokia era una degli insediamenti urbani più popolosi del pianeta. A SINISTRA: il tumulo centrale dell’insediamento, alto 30 metri, come appare oggi; A DESTRA: ricostruzione del sito. FONTE: fotografia da The Guardian © Alamy; ricostruzione da The Guardian © Cahokia Mounds State Historic Site.
Alcune delle prime entità proto-cittadine continuano queste sperimentazioni proponendo modelli originali di gestione condivisa e consensuale del potere all’interno di reti commerciali particolarmente sviluppate, mostrando nel contempo l’assenza di chiari segni di disuguaglianza sociale, di disparità di genere e di religioni pubbliche organizzate (ad esempio a Çatalhöyük in Turchia, circa 7.000 AEV, e presso Harappa in Pakistan, a partire da 3.300 anni AEV).
Lo sviluppo dell’ultrasocialità nel Neolitico. A SINISTRA: Ricostruzione (in alto) e pianta (in basso) di Çatalhöyük, un centro densamente popolato nell’attuale Turchia, così come doveva apparire dopo il 7.000 AEV. A DESTRA: un esempio della civiltà della valle dell’Indo, fiorita verso il 2500 AEV – resti archeologici dell’insediamento di Harappa, nell’attuale Pakistan. Le piante regolari delle città di questa zona (tra cui l’altrettanto nota Mohenjodaro) sembrano invece indicare uno sviluppo urbano pianificato. FONTI: ricostruzione di Çatalhöyük © Dorling Kindersley/Getty Images, da D. Christian, C.Stokes Brown e C. Benjamin (2014). Big History: Between Nothing and Everything. New York: McGraw Hill, p. 120; pianta da C.Renfrew e P. Bahn (2017). Archeology: Theories, Methods, and Practice. 7th ed. Londra: Thames & Hudson. p. 402; Harappa: Smn121 [CC 3.0], da Wikipedia.
Nelle steppe che si estendono per 4.800 chilometri dall’Europa orientale fino alla Cina altre popolazioni adottano invece un modello sociale alternativo, combinando vita nomade con la pastorizia. Saranno queste ultime popolazioni a fare da ponte commerciale e culturale per gran parte delle popolazioni del Vecchio Mondo, costituendo nel contempo sia una preziosa risorsa per scambi culturali e commerciali sia un rischio costante di invasioni e saccheggi.
Reti commerciali afroasiatiche intorno al 2300 AEV. FONTE: Christian, D., C. Stokes Brown e C. Benjamin (2014). Big History: Between Nothing and Everything. New York: McGraw Hill, p. 139, mappa 6.3. Traduzione: Mediterranean Sea = Mar Mediterraneo; Anatolia = nome identico in italiano; Nile = Nilo; Sudan = Sudan; Arabian Penisula = Penisola arabica; Red Sea = Mar Rosso; Euphrates = Eufrate; Tigris = Tigri; Black Sea = Mar Nero; Caspian Sea = Mar Caspio; Persian Gulf = Golfo Persico; Iranian Plateau = Altopiano iranico; Arabian Sea = Mar Arabico; Indian Ocean = Oceano Indiano; Khyber Pass = passo del Khaiber; Hindu Kush = identico in italiano; Tarim Basin = Bacino del Tarim; Tibetan Plateau = altopiano del Tibet; Deccan Plateau = altopiano del Deccan; Himalayas = Himalya; Bay of Bengal = Golfo del Bengala; Indus = Indo; Ganges = Gange; Harappa / Mohenjodaro = nomi identici in italiano. LEGENDA (dall’alto): Harappan Society = Civiltà della valle dell’Indo; Egypt = Egitto; Mesopotamia; (freccia) rotte commerciali.
I lati oscuri della sedentarizzazione
Gli elementi fondamentali che contribuiscono a modificare radicalmente questo quadro hanno luogo tra 4.000 e 3.000 anni AEV e riguardano almeno tre elementi:
l’aumento della pressione demografica;
un clima che in Eurasia diventa più secco e umido;
il graduale impoverimento delle risorse locali – dalla deforestazione all’estinzione delle prede – che porta in alcuni casi al crollo delle condizioni sociali precedenti e all’abbandono degli insediamenti.
Urbanizzazione nell’Africa meridionale. I bastioni e le cinte murarie del Grande Zimbabwe, un insediamento del Regno di Zimbabwe eretto e occupato tra 1000 e 1400 EV: A SINISTRA, fotografia di una parte del sito attuale; A DESTRA. schema parziale del sito. Nonostante l’archeologa Gertrude Caton-Thompson avesse già confermato un’origine Bantu, e pertanto africana, nel 1931, esploratori e archeologi occidentali hanno a lungo ritenuto questo sito l’opera di culture ritenute più avanzate, legandolo a influenze indirette o all’intervento diretto di genti provenienti da altrove, quali navigatori fenici, ipotetici mercanti della penisola arabica o viaggiatori portoghesi. Queste interpretazioni razziali, diffusioniste e migrazioniste sono state dimostrate false. TRADUZIONE: West entrance = ingresso Ovest; North entrance = ingresso Nord; northeast entrance = ingresso Nord-Est; Passage = passaggio; Enclosure 1,4,5,6,7,15 = cinta muraria 1,4,5,6,7,15; Platform/platforms = piattaforma/piattaforme; Conical tower = torre conica; Monoliths (restored) = monoliti (restaurati). FONTI: fotografia di Janice Bell [CC 4.0] da Wikipedia; schema da C. Renfrew & P. Bahn (2017). Archeology: Theories, Methods, and Practice. 7th ed. Londra: Thames & Hudson. p. 480.
Nuove forme di aggregazione socio-politica contraddistinte dall’accumulo di potere statale si impongono a seguito del riversarsi delle popolazioni in alcune regioni fluviali in Asia occidentale e in Mesoamerica, mentre esperimenti legati all’istituzione del potere statale interessano più tardi l’Africa sub-sahariana e le isole del Pacifico. In tutti questi casi, lo sviluppo di condizioni economiche simili, con l’accumulo di surplus alimentare e di beni a seguito dell’adozione delle pratiche agrarie, porta all’evoluzione parallela di condizioni socio-politiche simili, contraddistinte da strutture gerarchiche piramidali dove alcuni individui o classi sociali possono esercitare un controllo politico sulle masse subordinate dei lavoratori agricoli sulla base di un esercizio coercitivo del potere.
Nuove gerarchie e simboli di potere e autorità. A SINISTRA: sepoltura da Varna, Bulgaria, risalente al 4.000 AEV, con ricche decorazioni e ornamenti in oro; A DESTRA: diadema femminile d’argento rinvenuto presso La Almoloya in Spagna e risalente al 1.650 AEV. FONTI: Varna: Yelkrokoyade [CC 1.0] da Wikipedia; La Almoloya: © J. A. Soldevilla/Arqueoecologia Social Mediterrània Research Group/Autonomous University of Barcelona; da Lul, V. et al. (2021), “Emblems and Spaces of Power During the Argaric Bronze Age at La Almoloya, Murcia.” Antiquity 95(380): 329-348. https://doi.org/10.15184/aqy.2021.8.
Con il tempo, l’adozione di una dieta a elevato tenore di carboidrati, i nuovi ritmi lavorativi e la necessità di avere più forza lavoro hanno un impatto endocrinologico e comportamentale determinante sulla riproduzione umana, promuovendo un aumento consistente della popolazione a fronte di un’elevata mortalità.
Cambiamenti indotti da ultrasocialità, agricoltura e allevamento. In alto: il mondo intorno al 12.000 AEV; in basso, il mondo nel 1960. TRADUZIONE: in alto: “12,000 BC” = 12.000 AEV. LEGENDA: “World population: 10 million” = Popolazione mondiale: 10 milioni; “Hunters: 100%” = Cacciatori-raccoglitori: 100% . In basso: 1960; “World population: 3 billion” = Popolazione mondiale: 3 miliardi; “Hunters: 0,001%” = Cacciatori-raccoglitori: 0,001% FONTE: C. Renfrew & P. Bahn (2017). Archeology: Theories, Methods, and Practice. 7th ed. Londra: Thames & Hudson. p. 402
Paralleli tra le colonie di insetti eusociali e Homo sapiens moderno: A SINISTRA IN ALTO, la skyline della città di New York; A DESTRA IN ALTO, termitai in Namibia; IN BASSO A SINISTRA, un pastore con il suo gregge di pecore; IN BASSO A DESTRA, una formica intenta a controllare il suo “gregge” di afidi, produttori di melata. FONTI: skyline di New York, autore CommunistSquared [CC1.0], da Wikipedia; termitai in Namibia, autore Olga Ernst [CC 4.0], da Wikipedia; pastore e gregge di pecore, autore CamDib [CC 4.0], da Wikipedia; formica e afidi, autore viamoi [CC 2.0], da Wikipedia.
Laddove le condizioni lo permettono, le comunità agropastorali stabili mutano in città e in organizzazioni ultrasociali, dove migliaia – e poi milioni – di individui non imparentati cooperano sulla base di una più o meno rigida suddivisione e specializzazione crescente delle mansioni lavorative. Fatte salve tutte le ovvie differenze del caso, prima degli esseri umani solamente gli insetti eusociali (api, formiche, termiti e vespe) avevano sperimentato un simile livello di organizzazione e di suddivisione del lavoro.
Come gli esseri umani, alcune specie di formiche accompagnano questa complessità sociale a forme di domesticazione, coltivando funghi o allevando afidi per ottenerne melata, e persino a forme parassitarie di schiavismo nei confronti di altre formiche.
Nascita delle prime forme di scrittura. FONTE: C. Renfrew e P. Bahn (2017). Archeology: Theories, Methods, and Practice. 7th ed. Londra: Thames & Hudson. p. 402. TRADUZIONE e adattamento: AMERICHE, dall’alto verso il basso – ideogrammi sillabici zapotechi/miztechi, ca. 600 AEV; Sistema logosillabico Maya, ca. 350 AEV; scrittura rongorongo (Isola di Pasqua), ca. 1500 EV. AFROEURASIA, da sinistra verso destra: Alfabeto runico, 2° secolo EV; Alfabeto etrusco, ca. 700 AEV; scritture dell’Egeo: Lineare A (Creta), 18° secolo AEV; Lineare B, (Creta e Grecia), ca. 1450 AEV; alfabeto greco (Creta, Grecia, costa anatolica), ca. 750 AEV; geroglifici ittiti, ca. 1450 AEV.; scrittura cuneiforme mesopotamica, ca. 3100 AEV; geroglifici egiziani, ca. 3000 AEV; alfabeto fenicio, ca. 1000 AEV; scrittura dell’Indo, ca. 2500 AEV; alfabeto brahmi, ca. 350 AEV; logogrammi cinesi, 1200 AEV; sistema di scrittura giapponese, 5° secolo EV.
Negli esseri umani, questa nuova organizzazione sociale crea le precondizioni per un maggiore flusso di informazioni e di innovazioni tecnologiche e culturali, dalle pratiche metallurgiche alle varie forme di scrittura nate principalmente per motivi burocratici e finanziari.
Guerra, violenza, schiavitù. Le conseguenze dell’accumulo di potere nelle prime città-stato: processione di schiavi in ceppi, terza dinastia di Ur, Mesopotamia, circa 2000 AEV. FONTE: Iraq Museum (Dr. Ahmed Kamel), da Scott, J. C. (2017). Against the Grain: A Deep History of the Earliest States. New Haven and London: Yale Unversity Press, p. 162. Trad. italiana Le origini della civiltà. Una controstoria. Torino: Einaudi 2018.
Lo sviluppo di città-stato e dei primi imperi in Mesopotamia, Egitto e Cina istituzionalizza il controllo militare e politico su un entroterra di terreni agricoli e sulla manodopera schiavistica.
Le nuove religioni sacerdotali rispondono in parte allo stress causato dalle nuove condizioni sociali, incorporando un calendario legato ai tempi dell’agricoltura e offrendo un senso di appartenenza comunitario. Tuttavia, queste stesse religioni giustificano l’esistenza e il mantenimento di uno status quo politico basato sulla disuguaglianza sociale a favore delle classi al potere.
Si tratta di un cambiamento rilevante. In generale, le società di cacciatori-raccoglitori sono infatti caratterizzate da una gerarchia inversa di dominanza all’interno della quale la comunità riesce a mantenere un auto-governo egalitario e a esercitare un controllo diretto sulle prevaricazioni individuali prevenendo l’accumulo di potere da parte di bulli e potenziali despoti. In secondo luogo, la trasformazione in società sedentarie a economia agricola ha conseguenze negative sulle condizioni di salute dei nuovi agricoltori. Rispetto ai cacciatori-raccoglitori, le società agricole si trovano ora continuamente esposte a sovrappopolazione, a una riduzione delle varietà delle derrate alimentari e del tempo libero a disposizione, a stress, a malnutrizione e a potenziali epidemie e carestie.
Conseguenze a lungo termine della civiltà: l’aumento della popolazione mondiale negli ultimi 10.000 anni, in particolare dopo la rivoluzione industriale, rappresenta un grave rischio per la sostenibilità del sistema Terra. TRADUZIONE (scritte in basso, da sinistra verso destra): 4 milioni di abitanti nel 10.000 AEV – Il tasso di crescita media dal 10.000 AEV al 1700 è di appena 0.04% all’anno – 190 milioni di persone nell’anno 0 – Verso la metà del 14° secolo EV la peste nera uccide 200 milioni di persone in Europa. FONTE: Ourworldindata.org.
Per questi motivi, le società di cacciatori-raccoglitori hanno spesso opposto resistenza nei confronti dell’adozione di pratiche agricole sedentarie. Gli storici da qualche tempo hanno cominciato a dubitare del fatto che la comparsa dell’agricoltura si possa automaticamente considerare come un chiaro segnale di progresso.
Box storiografico: Le radici profonde di dominanza e sottomissione
«Gesti e forme di comportamento che noi generalmente comprendiamo [come legati a espressioni di dominanza e sottomissione, tra cui accovacciarsi a terra, chinare il capo ed evitare di fissare l’individuo dominante], sono per la maggior parte osservabili negli scimpanzé e nei gorilla. […] Sottomissione e sovranità abitano la stessa struttura gerarchica. La dipendenza da poteri invisibili rispecchia la reale struttura del potere, ma ne è considerata il modello, e la fonte della sua legittimazione. Quella che si stabilizza tramite tale struttura è una sovranità a due piani o gradi; dio sta al sovrano come il sovrano sta ai suoi sudditi. Ciò dà sostegno ideale al sovrano, che non è più solitario al vertice della piramide come bersaglio di potenziali aggressioni»
Walter Burkert, La creazione del sacro. Orme biologiche nell’esperienza religiosa. Traduzione di Franco Salvatorelli, Milano: Adelphi 2003, pp. 118-119, 128-129.
Verifica:
Cerca esempi storici di espressioni ritualizzate di sottomissione tra subordinati e dominanti (inginocchiarsi di fronte ai detentori del potere regale, levarsi il cappello, ecc.).
Confronta gli esempi trovati con illustrazioni o spezzoni da documentari naturalistici che ritraggono espressioni ritualizzate di sottomissione tra antropomorfe e annota somiglianze e differenze.
Box storiografico: Ripensare la nascita dell’agricoltura e dell’urbanizzazione
«I sorprendenti progressi della nostra comprensione degli ultimi decenni hanno permesso di mettere radicalmente in discussione quello che pensavamo di sapere delle prime “civiltà” della piana alluvionale della Mesopotamia e di altri luoghi. […] Si è scoperto […] che [forme flessibili di] sedentarietà [precedono] di molto le prove della domesticazione di piante e animali e che stanzialità e domesticazione esistevano almeno quattromila anni prima che apparisse qualcosa di simile ai villaggi agricoli. La sedentarietà e la prima apparizione delle città sono sempre state considerate effetti della pratica dell’irrigazione e della fondazione degli stati. Si è scoperto invece che in genere entrambe sono il prodotto dell’abbondanza offerta dalle piane alluvionali. Pensavamo che sedentarietà e agricoltura avessero condotto direttamente alla formazione dello stato, ma al momento della fondazione dei primi stati l’agricoltura stanziale esisteva già da molto tempo. Si supponeva che l’agricoltura fosse stata un grande passo in avanti per l’umanità in termini di benessere, nutrizione e tempo libero dal lavoro, ma all’inizio fu esattamente il contrario. Lo stato e le antiche civiltà spesso erano considerati poli capaci di attrarre le persone per il lusso, la cultura e le opportunità che offrivano ma, in effetti, i primi stati erano costretti a catturare e trattenere gran parte della popolazione con la schiavitù ed erano tormentati dalle epidemie da sovraffollamento. Gli stati antichi erano fragili e correvano il rischio di cadere ma gli “anni bui” che seguivano spesso potevano segnare un vero e proprio miglioramento nel benessere delle persone. Infine, ci sono valide ragioni per credere che la vita al di fuori dello stato – la vita dei “barbari” – spesso fosse materialmente più facile, libera e sana della vita all’interno della civiltà, almeno per le classi non privilegiate»
James C. Scott, Le origini della civiltà. Una controstoria. Traduzione di Maddalena Ferrara, modificata da Leonardo Ambasciano. Torino: Einaudi 2018, pp. x-xi.
Verifica:
Dopo aver letto il brano con attenzione, stila un breve elenco di tutte le idee storiografiche relative all’origine dell’agricoltura e dell’urbanizzazione che si sono dimostrate inattendibili alla prova dei fatti archeologici.